martedì 9 settembre 2008

Non avevo ancora quattro anni...

Non avevo ancora quattro anni quando la passione per le lettere si impossessò di me.
Non per la letteratura, è chiaro, ma proprio per le lettere, tutte le lettere dell'abecedario. Con la curiosità che un bambino può avere per le cose personali del suo fratello maggiore, molte volte andavo frugando nella cartella del mio, quando lui era fuori, intento a giocare con i compagni. Ero affascinata da quello strano strumento che, beninteso, per me era solo una serie di disegni colorati, e assolutamente determinata a indagare meglio intorno a quelle cose che chiamavano lettere. Mi avevano raccontato una storia, bellissima e per me misteriosa, secondo la quale quell'affare serviva a FARE LE PAROLE.
Quindi l'idea di costruire delle parole, infinite parole, tutte, con quell'attrezzo che diventava nella mia piccola mente un'idea fissa, o meglio, un gioco a cui volevo tanto giocare. Che non sapessi ancora leggere era, per me, un dettaglio insignificante. Tempo ne avevo e voglia anche di più, quindi, per prima cosa, questa era la priorità che sentivo più urgente, bisognava che trovassi il modo di averne uno tutto per me. Tanto insistetti che i miei me ne recuperarono un esemplare, un po' sghimbescio e logoro ma, per quel che ricordo, integrale e coloratissimo. Ero felice. Ogni pomeriggio, sui gradini delle scale di casa, apparecchiavo il mio agognato abecedario e, in maniera del tutto casuale, secondo ispirazione per così dire, prendevo un tot variabile di lettere e le disponevo una accanto all'altra per fare LA PAROLA.
Non essendo in grado di leggere, non ero capace di valutare autonomamente il risultato delle mie prove, quindi, ogni volta, dopo averle disposte meticolosamente e con grande rispetto verso ognuna di esse, correvo dalla mamma e le chiedevo di venire a leggermi che cosa avevo scritto. ...Continua...

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